FORNO E TELERISCALDAMENTO: UN BINOMIO DA RIVEDERE. PARTENDO DAI BISOGNI DEL TERRITORIO E
NON DA QUELLI DELL'INCENERITORE
SE DEVE ESSERE TELERISCALDAMENTO, OCCORRE UN'INFRASTRUTTURA SMART: PERCHE' L'INCENERITORE
E' A TERMINE, IL FABBISOGNO ENERGETICO INVECE NO
In relazione all'incontro informativo con Silea Lunedì 16 Gennaio per la presentazione del progetto
definitivo della centrale del teleriscaldamento, Legambiente ribadisce l'inevitabile necessità, sia per ragioni
ambientali sia per le ragioni legate allo sviluppo del mercato dei rifiuti, di chiudere il forno non oltre la
scadenza dell'AIA. Questo spinge Legambiente a immaginare cosa accadrebbe a quella rete appena il
termovalorizzatore sarà spento.
La rete di teleriscaldamento - per come sinora proposta - appare troppo impattante nella sua
configurazione, troppo onerosa in termini di investimenti e, soprattutto, poco flessibile per ciò che riguarda
la sua futura alimentazione e la domanda a cui è rivolta. La realizzazione o meno della rete dovrebbe
nascere dalla semplice valutazione di un'opportunità ambientale, energetica ed economica, nel caso in cui
ci fosse da un lato una reale esigenza di riscaldamento nelle aree circostanti il termovalorizzatore e dall'altro
l'opportunità di sfruttare nel transitorio il calore prodotto dal forno.
Le sorti dell'inceneritore sono chiare, si tratta di definire un programma che porti alla sua chiusura in tempi
compatibili con gli andamenti di riduzione dei conferimenti e gli impegni finanziari assunti dai comuni, che
per quanto ne sappiamo arrivano al 2024. È anche necessario cominciare il prima possibile ad investire in
impianti e tecnologie per un trattamento dei rifiuti che miri al massimo recupero di materie prima e
sottoprodotti. Diverso è il discorso del teleriscaldamento: si tratta di una infrastruttura che può esistere se
ha senso nel lungo periodo, da progettare a prescindere dalla attuale disponibilità dell'inceneritore. Quindi
ragionare sulla rete di teleriscaldamento non significa pensare a cosa serve al termovalorizzatore, ma a cosa
serve al territorio. Significa capire quali sono le utenze per le quali un allaccio ha senso, tenendo conto delle
diverse tipologie insediative e dello scenario che impone di investire prioritariamente sull'efficienza
energetica e sulla riduzione dei consumi per riscaldamento degli edifici. In questo scenario, una rete
'pesante' sul modello impostato da Brescia decenni fa non ha più senso: si tratterebbe di un investimento
funzionale esclusivamente a tener in vita il più a lungo possibile l'inceneritore.
Per Legambiente occorre invece valutare quale sia la risposta più appropriata, tenendo conto di
configurazioni impiantistiche molto più versatili, quali sono le reti a bassa o media temperatura, in Italia
molto meno diffuse che all'estero, che presentano il duplice vantaggio di avere costi di capitale più bassi e di
poter essere alimentate da diverse fonti di calore, anche rinnovabili come le pompe di calore o il solare
termico. Questa soluzione permetterebbe di ridurre sia i costi di investimento che gli impatti infrastrutturali
e soprattutto di rendere molto più agevole sia la riconversione dell'alimentazione della rete dopo la
necessaria chiusura del forno, sia l'interfaccia della rete con forme di autoproduzione energetica o di
valorizzazione di cascami termici reperibili nel territorio, che quasi mai sono compatibili con una immissione
in una rete ad alta temperatura.
Oggi, considerata l'evoluzione tecnologica, immaginare quale potrà essere la soluzione ottimale di
alimentazione della rete alla chiusura del forno non è banale e richiede il confronto di più ipotesi. Di sicuro
una rete di teleriscaldamento come quella proposta da Silea vincolerebbe il territorio per un periodo troppo
lungo e potrebbe essere d'ostacolo allo sviluppo di forme di alimentazione alternative e più sostenibili.
Una rete 'smart' deve invece essere il più possibile ripensabile all'emergere di nuove soluzioni energetiche
quali quelle che già oggi conquistano spazi crescenti nel mercato, e deve poter avere un equilibrio di
funzionamento anche alla luce di un calo di domanda termica conseguente a crescite di efficienza nella
climatizzazione degli edifici. La pianificazione energetica, e non quella dei rifiuti, deve determinare le scelte
di alimentazione e di configurazione per le reti, a maggior ragione per i distretti di utenze più distanti
dall'inceneritore che, se possono beneficiare di un teleriscaldamento, devono poterlo fare basandosi sulle
risorse disponibili localmente, e possibilmente rinnovabili. Il che apre un opportuno ragionamento e
dibattito sullo sviluppo energetico del nostro territorio, che non può essere legato alle sorti
dell'inceneritore di Valmadrera.
Legambiente
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